Dimore

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SEGRETE DIMORE  (1992-1999)

Ho iniziato il lavoro delle dimore negli anni 90 dopo aver seguito un corso universitario di filosofia morale intitolato “il viaggio e la dimora” (F. Semerari, Univ. Di Bari).
In particolare dopo aver letto il testo di Gaston Bachelard, la poetica dello spazio, si è aperto un mondo, enigmatico e poetico che mi ha tenuta in suspense fino ad oggi. Il segreto della dimora, intesa come costruzione di spazi per il corpo e per la mente è più di un argomento, è la vita stessa che si svela in diverse strutture, immagini e racconti.

Così, riflettendo sul nido dei volatili, sui tunnel sotterranei delle talpe, sui magici alveari delle api, manipolando materiali come carte di ogni specie, colle, sabbie, cere e luce, ho provato a ripercorrere il modus operandi di codeste strutture, costruendo probabili favi giganteschi, lunghissimi tunnel bianchi, piccoli nidi vuoti in attesa di essere colmati.
E analizzando di volta in volta, a seconda dell’animale preso in causa, comportamenti e abitudini che spingono questi esseri ad agire, a cercare, a trovare strategie di sopravvivenza.
Pensando poi agli altri animali, quegli che guardano oltre, talmente alti e belli da non poter evidentemente crearsi un involucro per il proprio essere, ho creduto che la propria pelle maculata e pezzata in un disegno a moduli, potesse essere lei stessa nido, cuccia, tana, dimora segreta per questi esseri adagiati stupendamente sulla terra, quasi inadatti qui e in cerca di una nuova forza di gravità.

Analogamente gli uccelli, in perenne viaggio verso climi adatti alla loro specie, sono gli esseri che dimorano (nidi) e viaggiano (voli migratori) contemporaneamente in tutta la loro esistenza, alla ricerca di nuovi habitat.

Anche noi esseri umani viviamo in una geografia che prima di tutto segna un territorio, e poi traccia il perimetro dove costruiamo la nostra casa, e decidiamo di proteggerci, creare e sviluppare il nostro esistere. Così la nostra casa natale è più di un alloggio, è il luogo del sogno, dove ogni strato, soffitta, camera, cantina, corridoio diventa rifugio della nostra solitudine, del nostro pensiero.

Ho costruito così dimore seriali di carta, ferro colle e luce, immerse o sommerse dall’acqua, nella loro forma primordiale, semplice e simbolica, quella che si disegna da bambini per rappresentarne la sagoma.

Attualmente sono ancora alla ricerca della mia dimora perduta, forse quella che ho lasciato da bambina nell’altro emisfero, che non abbandonai con lo sguardo fino a che divenne un puntino bianco perso nell’orizzonte sfuocato e che racchiude ancora in un pugno tutti i miei segreti.

GdG